Tra
le cose che si dimenticano – o più probabilmente si rimuovono -
dei meccanismi di interazione tra maschio e femmina, dopo tanta
confortante monogamia, la principale è il fenomeno conosciuto come
“frattura spazio-temporale circoscritta”. Ovvero, quella
inarrestabile forza metafisica che trasporta anche la più nazista,
precisa e incazzata delle Fräu Blucher, non appena si passa dalla
fase “urban professional” a quella “girl's night out”, in una
bolla personalizzata sospesa al di fuori del continuum cronotopico in
cui si muove il resto dell'universo circostante, bolla nella quale
l'affermazione di un orario (per esempio, “facciamo alle 9!”)
perde la sua precisa connotazione originale (il minuto successivo
alle 8.59 e precedente alle 9.01), allargandosi fino a comprendere
l'intero segmento definito dalla cifra iniziale (se lo smartphone
dice 9.53, sono comunque ancora le 9. La donzella standard non
comincia a sentirsi in ritardo finchè non scattano le 10).
La
ragazza che sto aspettando è una vecchia amica, molto carina, molto
per bene, che si è laureata qualche anno fa, e alla quale so di
essere sempre un po' piaciuto, convinzione rafforzata di tanto in
tanto da estemporanei episodi di petting spensierato e fugace, nulla
di significativo, ma insomma, anche i campioni che rientrano dopo
lunga inattività di solito ricominciano con un'amichevole contro
squadre non troppo tenaci, mica vanno direttamente in campo nella
finale di champions. Confortato da queste riflessioni, nella
certezza di apprestarmi a disputare un buon match, e con discrete
speranze di muovere la classifica marcatori, non mi accorgo di aver
finito l'avanacola. Soprattutto, non mi accorgo di aver risposto
d'istinto, annuendo, al cenno d'intesa della barista, che prontamente
me ne recapita un'altro. Grosso errore numero cinque. Mentre porto alle
labbra il bicchiere, stacco un attimo il gomito dal bancone, e
barcollo. Mi giunge, ovattato, il BIP BIP di un messaggio.
“Ehi,
sto uscendo adesso, arrivo!”
Sono
le 9 e 25, niente di grave, anzi è da considerare come notevole
cortesia l'avvisare chi ti attende, se non fosse che nelle
fluttuazioni lessico-temporali della già
descritta bolla
relativistica femminile “sto uscendo adesso, arrivo!” significa
“sto finendo di asciugarmi i capelli, poi dovrò scegliere cosa
mettermi, truccarmi, poi cambierò idea sui vestiti, poi sulle
scarpe, poi cercherò fra le mie 30 borsette l'unica, giuro l'unica,
che è
ok
con la cintura, ma non so se qui
ci va bene
la cintura, meglio chiamare in videoconferenza skype sei-sette amiche
fidate e votare per alzata di mano come i grillini, comunque arrivo,
eh!”.
Ovviamente,
perso nella dissociazione dei processi cognitivi indotta dal THC,
nulla di tutto questo ragionamento oltrepassa l'anticamera del mio
lobo frontale, e mi limito a sorridere con aria ebete al display del
cellulare, per poi guardarmi intorno – prima volta dal mio arrivo –
con sguardo che passa dalla fissità tipica dell'ottuso al vitreo
dell'ubriaco. Vedo parecchi
studenti universitari, minimo dieci anni meno di me, abbigliati
secondo l'imperante stile
radical-chic-rapper-noglobal-techno-dandy-bauhaus,
cioè figli di papà strabenestanti che fuck the system, certo, ma
con l'i-phone
da quattrocento euro, più piercing che voti sul libretto, eskimo in
microfibra e kefiah di Prada. Li trovo paternalisticamente simpatici,
chiaro segnale che sono davvero strafatto e sbronzo come un cosacco.
Due
ragazze mi osservano con aria divertita. Per darmi un tono, accendo
un'altra sigaretta. Al secondo tiro, mi accorgo con raccapriccio che
non è una diana blu. Grosso errore numero sei. Intorno a me si
diffonde un ottimo profumo di canapa indiana ben stagionata, ed
esattamente nel momento in cui penso “cazzo sto in mezzo alla
gente, dove la spengo”, arriva lei. Carina e per bene come non mai.
Sono
le 9 e tre quarti, non mi reggo in piedi, l'orrenda sensazione che qualunque cosa dica suonerà come un delirio incomprensibile è fortissima, e ho un
missile modello Cape Canaveral acceso in mano. Lei è splendida, e sembra felice di vedermi.
Sarà una lunga serata.
Sarà una lunga serata.
(3
– continua... )
Pensiero
del giorno: “Spero
tanto che non faccia delle sciocchezze”
(Obi-Wan Kenobi, “Attack Of The Clones”, 2002)
(Obi-Wan Kenobi, “Attack Of The Clones”, 2002)
Seventy!!
veloce con la 4 parte! Su...non vorrai farmela leggere nel 2016. Con i tuoi tempi, non si sa mai :mrgreen:
Emanuele
Roger, Ema.
Siamo quasi alla fine :)